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MONZESI
Beppe Colombo
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Beppe Colombo    Nato a Monza nel 1934, sposato con tre figli. Dopo gli studi al liceo classico si laurea in Lettere Moderne all'Università Cattolica di Milano. Per qualche anno è insegnante, poi riceve un incarico per operazioni di riordino librario della Biblioteca Civica. Nel 1963 vince il concorso comunale per direttore della Biblioteca Civica e della Pinacoteca cittadina. Agli inizi degli anni '80 nasce il primo nucleo del settore cultura del Comune di Monza e ne diventa responsabile. E' stato direttore della Biblioteca Civica di Monza per poco meno di quarant'anni e nei ruoli dirigenziali del settore cultura del Comune dal 1988 al 1999, anno in cui va in pensione. Membro dell' AIB (Associazione Italiana Biblioteche), negli anni '70 ne è membro del direttivo nazionale e responsabile delle biblioteche pubbliche. Collabora fattivamente alla redazione della prima legge regionale sulla biblioteche della Regione Lombardia, nel 1985 è eletto presidente della Sezione Lombarda dell'AIB, carica che manterrà per sei anni. Partecipa a numerose attività culturali in associazioni (da Italia Nostra agli Amici dei Musei di Monza), è consigliere delegato della sezione monzese dell'Unione Italiana Ciechi e anche consulente della Biblioteca Italiana per Ciechi di Monza. Attualmente si occupa di attività culturali in Monza, curando pubblicazioni per varie associazioni. E' presidente del premio di poesia Città di Monza indetto annualmente dal Cenacolo dei Poeti e degli Artisti di Monza. In campo sociale è vicepresidente della Società San Vincenzo e presidente della Fondazione Castelli per l'assistenza a persone indigenti e consigliere della Caritas Ambrosiana. Ha pubblicato numerosi contributi professionali nei settori della biblioteconomia e della storia locale. E' imminente una sua pubblicazione dal titolo “Angelo Bellani e le istituzioni caritative nella storia di Monza”

foto di Fabrizio Radaelli


Alto, magro, un po' dinoccolato, con un inconfondibile aplomb di stile anglosassone e una “erre” fortemente arrotata nella pronuncia, è certamente una delle persone che più conoscono il panorama culturale monzese, vissuto in prima persona sia nel mondo delle associazioni che all'interno dei palazzi comunali. E soprattutto all'interno della Biblioteca Civica, che ha diretto per molti decenni. E proprio da ciò partiamo nella nostra chiacchierata.

Professor Colombo, quale bilancio è in grado di tracciare della Sua esperienza di direttore della Biblioteca Civica?

Io ho vissuto il passaggio dal vecchio concetto di “biblioteca popolare” a quello moderno di una vera struttura bibliotecaria urbana con numerose sedi, integrazioni con altri sistemi e attrezzature informatiche e multimediali. Quando divenni direttore della Biblioteca Civica, nel lontano 1963, questa constava di un trascurato fondo antico e di un patrimonio librario limitato. I nostri iscritti erano poche centinaia, spesso casalinghe che ci chiedevano solo romanzi rosa e di evasione. Il numero del personale in servizio era risibile e anche i locali molto angusti, con l'ingresso posto su piazza Trento e Trieste. Ebbi la fortuna che, poco dopo il mio arrivo, nel 1964 fu intrapreso un innovativo progetto di ristrutturazione di tutta l'ala del palazzo dell' ex seminario che comprendeva il recupero dell'ammezzato e l'apertura della grande sala di lettura per la biblioteca. Ciò creò le premesse di un suo rilancio nella vita della città.

Beh, però da allora non è che abbiate guadagnato molti altri spazi.

Sì, è vero, solo qualche locale di compendio e più di recente la nuova sala ragazzi nelle ex Poste. Quello degli spazi è sicuramente uno dei principali attuali problemi della biblioteca, anche perché nel frattempo sono aumentate enormemente le acquisizioni e soprattutto gli iscritti, che oggi sono circa undicimila. Il grande boom della biblioteca di Monza, come di altre del resto, fu collegato alla riforma della scuola media negli anni '70, con l'obbligo elevato a 14 anni e l'abitudine ad usare la biblioteca tra i più giovani. E a quell'epoca nacque anche un forte sentimento di partecipazione alle attività della biblioteca da parte dei cittadini. Alla biblioteca si chiedeva di essere un vero e proprio centro culturale, un motore propulsivo della vita sociale dell'intera città.

Si riferisce senza dubbio alla nascita della Commissione di gestione della biblioteca. Ma era una struttura solo monzese?

All'inizio fu un'istanza spontanea del clima post-sessantottescosì, poi fu recepita nella legge regionale della Regione Lombardia sulle biblioteche, la prima legge del genere in Italia. Io partecipai alla sua redazione e riportai quell'esperienza nata dal basso, che funse un po' da modello anche per altre regioni.

E che valutazione dà di quelle esperienze?

Beh, diciamo che è capitato che si esasperasse quello che poteva essere il ruolo della biblioteca, del suo pubblico e dei suoi operatori. Al bibliotecario si chiedeva di essere una sorta di animatore sociale, agli utenti di eleggere direttamente i loro rappresentanti nella commissione. La stessa commissione organizzava eventi culturali per la città e talvolta si trascuravano i compiti specifici di una biblioteca, che erano quelli di fornire un servizio agli utenti utilizzando al meglio ogni competenza tecnica e professionale. Poi quella fase un po' “eroica” si è sedimentata e quelle esasperazioni sono state corrette.

Ma il Suo è dunque un giudizio negativo?

No, niente affatto. La commissione svolgeva un importante compito di cerniera tra gli utenti e l'amministrazione comunale. E' servita più volte a sollecitare l'amministrazione e a tener viva l'attenzione sulla biblioteca. Era sui problemi più tecnici che invece si manifestavano carenze. In generale la giudicherei un'esperienza positiva, a patto di tener distinte le discussioni ideologiche da quelle più propriamente tecniche.

E Lei come vedrebbe la biblioteca ideale per Monza?

Quando vedo una grande biblioteca immersa nella quiete del verde di un parco non nego di provare una certa invidia. Ma dobbiamo fare i conti con la realtà. La mia biblioteca ideale per Monza dovrebbe trovare collocazione ben visibile in un palazzo del centro città, in uno spazio di facile accessibilità da parte degli utenti e con un grande respiro di spazi interni con il sistema dello “scaffale aperto” e più sale di consultazione, ben automatizzata e informatizzata nei suoi servizi. Per arrivare a ciò sarebbe necessario un grande salto di qualità.

E come valuta l'attuale situazione della biblioteca monzese?

Anzitutto ricorderei che mi riferisco alla sola biblioteca centrale, perché Monza ha alcune altre biblioteche decentrate di quartiere che pure andrebbero considerate Dal punto di vista del patrimonio librario, oltre ad una buona dotazione contemporanea, la Biblioteca Civica dispone anche di un importante fondo storico che per prestigio ci rende secondi solo a Milano, anche se a questo dato non sempre corrispondono adeguati finanziamenti. E di recente questo fondo si è iniziato a valorizzarlo. Dal punto di vista funzionale può darsi che realtà minori della provincia milanese ci abbiamo superato negli anni passati, anche se ho l'impressione che oggi stiamo recuperando terreno. Tra l'altro a breve verrà realizzato un sistema bibliotecario integrato che avrà Monza capofila e comprenderà i tre sistemi di Monza, Desio e Seregno e ciò contribuirà al nostro rilancio.

Lei non ha solo diretto la Biblioteca Civica ma anche l'intero settore cultura del Comune di Monza. Come valuta l'intervento comunale nella cultura monzese?

La mia esperienza riguarda un'attività sempre fatta con grande scarsità di fondi. In realtà dagli anni '80 in poi il Comune ha scelto di non realizzare grandi iniziative in proprio, preferendo finanziare singoli progetti proposti da privati. L'unico settore dove si è voluto intervenire direttamente è stato quello delle mostre d'arte al Serrone, che ha visto la realizzazione di esposizioni anche assai pregevoli ma dissanguanti da un punto di vista economico e con un ritorno di pubblico spesso inferiore alle aspettative. E così col tempo è di fatto scemato l'impegno anche in questo campo.

Ma perché è avvenuto questo? Perché Monza non riesce più a organizzare mostre d'arte con grande impatto di pubblico?

Possono esistere varie cause. Anzitutto siamo penalizzati da un sistema di trasporti insufficiente. Se un visitatore vuole andare da Milano o da Bergamo o da Pavia al Serrone della Villa Reale, spesso non sa quali collegamenti usare, che risulterebbero comunque carenti e laboriosi. Inoltre Monza non ha ancora un'immagine competitiva e ben definita in questo settore. Io credo basterebbe anche solo un'iniziativa l'anno, ma ben qualificata e ricca, sulla quale investire grandi risorse. Questa iniziativa potrebbe poi fare “da traino” alla restante stagione. Infine anche la mancanza della Provincia credo ci penalizzi. Da una nuova Provincia monzese potrebbero arrivare fondi, stimoli e popolarità per le iniziative culturali monzesi.

E cosa farebbe nel concreto e nel breve termine a Monza?

Io punterei senz'altro sulla Villa Reale, che è il maggior patrimonio cittadino. Pur nel rispetto degli ambienti storico-artistici la farei diventare un grande contenitore di spettacoli, di concerti, di mostre, di iniziative di qualità che la rendano un polo privilegiato di riferimento a livello extra locale. Da lì potrebbe cominciare il rilancio dell'immagine dell'intera città.

Concordiamo, professore, concordiamo perfettamente.

Carlo Vittone


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 8 febbraio 2003